Come mai Bill Gates è così preoccupato di quello che sta succedendo nel mondo dell’informatica? Scopriamo qual è la fonte della sua inquietudine.
Nel mondo dell’informatica e in numerosi settori dell’economia l’intelligenza artificiale sta prendendo piede. In alcuni casi questo tipo di tecnologia ha soppiantato l’azione umana, dimostrandosi più efficiente nel fare calcoli, nell’assemblare macchinari (come nel caso delle berline elettriche Xiaomi SU7) o nel coadiuvare l’intervento dell’uomo in delicati interventi chirurgici.
Questi sono solo alcuni esempi degli ambiti di applicazione dell’AI, che nel corso di poco tempo potrà sostituire del tutto alcune figure, giungendo a risultati migliori in tempi più brevi. Di ciò è fortemente convinto Bill Gates, fondatore di Microsoft e filantropo impegnato in ambito umanitario e sanitario.
Con l’avvento dell’AI dovremmo preoccuparci di 3 aspetti
Nel corso di una recente intervista con Sam Altman (CEO del laboratorio di ricerca sull’intelligenza artificiale OpenAI), Bill Gates ha dunque preso in considerazione le conseguenze che potrebbero esserci al diffondersi capillare dell’AI. Le sue preoccupazioni, ha affermato durante una puntata del suo podcast Unconfuse Me With Bill Gates, sono fondamentalmente 3.
Da una parte teme che chi controlla il sistema possa avere cattive intenzioni. La controparte di una simile prospettiva, però, potrebbe essere la presenza di qualcuno che abbia buone intenzioni a contrastare l’azione dei “cattivi”. Il secondo punto è la possibilità che il sistema possa prendere il controllo, mentre il terzo, che è quello che preoccupa maggiormente il magnate informatico, nonché Altman, è la questione filosofico-morale connessa alla diffusione su larga scala dell’AI.
I problemi da risolvere non finiranno mai
Ma in che senso? Per chiarire il suo punto Gates ha fatto un esempio, dicendo: “io traggo soddisfazione dal contrastare la malaria in aree del pianeta sfortunate, so che sono bravo a usare risorse e fornire soluzioni al problema. Ma che succede quando un’AI viene a dirmi che io sono troppo lento e che al problema ci pensa lei?”
La risposta a questa domanda è giunta direttamente da Altman. Sebbene possa condividere questo timore, il CEO di OpenAI è convinto che ci saranno sempre problemi da risolvere e che l’umanità potrà concentrarsi su altre questioni, ad esempio studiare una galassia e pensare a cosa si potrebbe fare con lei. “Questa potrebbe essere l’ultima cosa difficile che faccio“, ha affermato Altman, “ma in un mondo in cui non c’è più scarsità di risorse, si potranno trovare modi migliori per impiegare il nostro tempo“.