Meta nella bufera, l’azienda chiede soldi per il rispetto della privacy: arriva il ban dell’Europa?

La privacy della discordia provoca uno scossone all’interno di Meta: la richiesta ricevuta dall’azienda rischia di aumentare le polemiche. Qual è il motivo e cosa sta accadendo. 

Meta ha ricevuto la richiesta di informazioni, da parte della Commissione Europea, relativa all’ambito del Digital Services Act. Si tratta di qualcosa che potrebbe cambiare i social network. Un elemento per alcuni versi inaspettato che apre una voragine all’interno del mondo della Rete.

Meta richiesta Commissione Europea
La Commissione Europea parla chiaro con Meta, richieste ben precise e sanzioni all’orizzonte – Mrinformatico.it

Si tratta di una novità che l’azienda non avrebbe accolto nel migliore dei modi. La richiesta riguarda aspetti ben precisi che, di certo, non fanno altro che innalzare un vero e proprio polverone.

Qual è la richiesta formulata a Meta

Nel caso specifico, infatti, la richiesta riguarda l’abbonamento senza pubblicità su Instagram e anche su Facebook. La richiesta è proprio quella di fornire nuovi dettagli sulle misure adottate per le pratiche pubblicitarie sui due social. Attenzione anche alle valutazioni di rischio, legate all’introduzione di questa opzione, nonché ai sistemi di raccomandazione precedenti all’avvio dell’abbonamento.

Facebook Instagram Meta richiesta Commissione Europea
La Commissione Europea ha precisato che in caso di mancata comunicazione procederà con importanti sanzioni (foto ANSA)

L’intenzione della Commissione è semplicemente quella di assicurarsi che Meta non chieda soldi agli utenti per rispettare un diritto in realtà già presente nel Digital Services Act. La legge impedisce che dietro un diritto riconosciuto possa esserci una richiesta di denaro da inviare agli utenti.

Non si tratta dell’unica richiesta inviata a Meta visto che ad ottobre 2023 si erano parlato di contenuti. In quel caso l’attenzione era stata posta su diversi argomenti come protezione dei minori, processi elettorali, contenuti di stampo terroristico e molto altro.

Come rispettare la privacy

Ora toccherà a Metà fornire le informazioni alla Commissione entro il prossimo 15 marzo. Le restanti domande, invece, dovranno ottenere una risposta entro il 22 marzo 2024. Analizzare le risposte di Meta e valutare come comportarsi in futuro: questo è il percorso che la Commissione vorrebbe seguire. Il rischio è quello di aprire alcuni procedimenti, così come previsto dall’articolo 66 del Digital Services Act.

Ma non finisce qui perché la Commissione potrebbe infliggere sanzioni in caso di informazioni inesatte, incomplete e fuorvianti. Non rispondere, invece, equivarrebbe ad una ulteriore richiesta sulle decisioni, con tanto di pagamento delle penali. La palla passa direttamente a Meta che dovrà decidere cosa fare e in che modo: non farlo avrebbe delle conseguenze economicamente importanti.

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