Xiaomi è l’azienda cinese leader nel settore dell’elettronica, ora si è aperta anche a quello automobilistico, sconvolgendo tutto il mondo.
Non è immediato pensare che un’azienda leader nel settore dell’elettronica possa ampliare la sua produzione anche a quello automobilistico. Eppure Xiaomi, l’azienda cinese che conosciamo soprattutto per i suoi smartphone, ha fatto proprio questo. Durante le scorse settimane ha lanciato sul mercato la sua berlina elettrica SU7 che per via delle sue ottime prestazioni e dei prezzi competitivi costituisce un buon rivale per le più note Tesla di Elon Musk.
La concorrenza cinese ha infatti comportato diversi problemi per l’azienda americana, che ha risposto ai cali nel bilancio e nelle vendite licenziando il 10% del proprio organico a livello mondiale e abbassando il prezzo di vendita di alcuni prodotti e veicoli Tesla. Ma invece come vanno le cose per Xiaomi?
Xiaomi vende la SU7 sottocosto: ma si può fare?
Secondo gli ultimi dati riportati sembrerebbe molto bene. In effetti le prenotazioni per le nuove SU7 sono state superiori alle aspettative, addirittura di 3 – 5 volte superiori al previsto. In molti si sono domandati il perché di un tale successo, soprattutto dal momento che si tratta del primo veicolo prodotto da un’azienda specializzata in un altro settore.
La risposta è molto semplice ed è giunta direttamente dal CEO dell’azienda, Lei Jun, nel corso di una diretta su Douyin con oltre 34 milioni di spettatori. Quest’ultimo ha infatti dichiarato: “abbiamo tasche profonde e prevediamo di perdere soldi con la SU7“. In altre parole Xiaomi non ha paura di perdere soldi con le proprie macchine, vendendole sottocosto al fine di attirare clienti.
“Abbiamo le tasche profonde”: in altre parole non abbiamo paura di perdere milioni
Questa pratica, però, è considerata scorretta se non addirittura illegale in molti Paesi, poiché corrisponde a una forma di concorrenza sleale che prende il nome di dumping interno. L’azienda cinese, però, non sembra essersi fatta problemi e anzi sta accogliendo di buon grado le perdite dovute a questa pratica.
Nello specifico le stime parlano di una perdita di circa 7.800 euro per vettura che, moltiplicata per le 60mila unità che si prevede di vendere entro l’anno, corrisponde a 580 milioni di euro. Ma probabilmente per chi ha “le tasche profonde” il gioco vale la candela e potrà portare benefici considerevoli sul medio e lungo termine.